L’emergenza Coronavirus sta avendo effetti significativi in tutti i settori dell’economia ed è inevitabile che, in molti casi, renda impossibile o assai difficoltosa anche l’esecuzione di alcuni contratti, sia dal punto di vista di chi deve erogare la prestazione sia come impossibilità di chi deve riceverla di usufruirla.
A maggior ragione ora che con il DPCM del 22.3.2020 sono state adottate misure ulteriormente restrittive su tutto il territorio nazionale e sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di alcune ritenute essenziali o strategiche.
Alcune imprese clienti ci hanno chiesto chiarimenti in merito agli effetti possibili dell’emergenza Covid-19 sui contratti. Abbiamo, allora, pensato che la riflessione potesse essere di interesse generale e abbiamo così elaborato alcuni spunti a beneficio di tutti gli interessati.
“Finirà anche la notta più buia, e sorgerà il sole” (Victor Hugo)
Sappiamo che i contratti hanno forza di legge tra le parti e che non possono essere sciolti se non per un differente accordo delle parti o per le cause ammesse dalla legge.
L’attuale situazione di emergenza potrà avere degli effetti anche sui contratti in corso? La diffusione dell’epidemia e i numerosi provvedimenti restrittivi intervenuti potranno sicuramente avere effetto sull’esecuzione di molti contratti.
UNA VALUTAZIONE CASO PER CASO.
Ogni situazione richiede, naturalmente, innanzitutto una sua specifica valutazione.
Come sempre, infatti, occorre effettuare, in primo luogo, una valutazione caso per caso della situazione e, soprattutto, del contenuto del contratto, per verificare se le parti avevano previsto e disciplinato l’eventuale verificarsi di situazioni eccezionali di emergenza.
In mancanza di idonee previsioni specifiche, occorre verificare la disciplina generale.
LE PREVISIONI GENERALI.
Per valutare la possibile sorte del contratto, occorre guardare, innanzitutto, alla prestazione oggetto del contratto.
Nessun problema, naturalmente, se la prestazione è eseguibile in un momento successivo, solo rinviato temporaneamente, e continua ad essere di interesse delle parti. Il contratto resta valido ed efficace. Potrà essere necessaria, magari, una modifica dell’ accordo originario delle parti, ad esempio rispetto ai termini di esecuzione. Va valutato caso per caso.
Ma se così non fosse?
Meglio, comunque, sempre innanzitutto, vista la particolarità della situazione, provare a sedersi a tavolino e trovare in ogni caso un accordo: provare a rinegoziare o trovare una soluzione consensuale, piuttosto che aggiungere anche un contenzioso, che comunque durerebbe del tempo, alla già complessa e difficile situazione attuale.
EPIDEMIA DA COVID-19: CAUSA DI IMPOSSIBILITA’ DELLA PRESTAZIONE NON IMPUTABILE?
In via generale, nel caso di epidemie, la giurisprudenza in passato ha ritenuto ricorrere una causa di c.d. forza maggiore, liberatoria per il debitore (al pari di altri eventi eccezionali come alluvioni incendi, terremoti, ecc)
La forza maggiore è stata riconosciuta come un impedimento assoluto ad una certa azione, non imputabile e non superabile. Le sue caratteristiche sono, quindi: – imprevedibilità; – eccezionalità; – oggettività; – assolutezza.
Per accertare la ricorrenza della forza maggiore in concreto, occorre valutare il contenuto della prestazione oggetto del contratto, in particolare come, dove e quando deve essere eseguita.
Ora, all’epidemia in generale, si sono aggiunti anche provvedimenti restrittivi della Pubblica Autorità (rispetto alla libertà di movimento, allo svolgimento delle attività produttive non ritenute essenziali o strategiche, …): è il c.d. factum principis, ossia un provvedimento, che impedisce il compimento della prestazione (ovviamente il provvedimento non deve essere imputabile al debitore). Anche sotto questo profilo, potrebbe ricorrere un’ipotesi di liberazione dell’obbligazione.
Vediamo ora le possibili conseguenze sui contratti.
QUALE LA SORTE DEI CONTRATTI, SE A CAUSA DELL’EPIDEMIA LA PRESTAZIONE È DIVENTATA IMPOSSIBILE OPPURE ECCESSIVAMENTE ONEROSA?
Potrebbero verificarsi diverse ipotesi. L’esecuzione del contratto potrebbe essere divenuta impossibile, totalmente o parzialmente, oppure eccessivamente onerosa per chi la deve prestare; oppure, per chi la deve ricevere potrebbe essere diventato impossibile riceverla oppure non esservi più interesse.
Vediamo le varie possibilità, ponendoci prima dalla parte del debitore (fornitore della prestazione oggetto del contratto), e poi da quella del creditore (colui che deve ricevere la prestazione).
Per il DEBITORE della prestazione, potrebbe non essere più possibile darla, totalmente o parzialmente.
Dunque, se l’impossibilità è totale ed è definitiva:
- l’obbligazione del debitore si estingue (ex art.1256 cod.civ.),
- il contratto si risolve di diritto per impossibilità sopravvenuta a norma dell’art. 1463 c.c.,
- il debitore liberato non può chiedere all’altra parte la sua controprestazione,
- se ha ricevuto già una parte del dovuto, deve restituirlo,
- il debitore non è responsabile per il suo inadempimento (ex art.1218 cod.civ.: cfr. meglio paragrafo successivo).
Se l’impossibilità totale della prestazione è, invece, solo temporanea, il debitore non è liberato dal contratto, ma non risponde del ritardo nell’adempimento (ex art.1256 cod.civ). Se, però, l’impossibilità dura oltre il tempo in cui il debitore può ritenersi vincolato oppure il creditore interessato a riceverla (da valutarsi, ovviamente, caso per caso), il contratto è parimenti risolto come nel caso di impossibilità totale.
Se la sopravvenuta impossibilità della prestazione di una parte è, invece, solo parziale, l’altra parte potrebbe chiedere ex art. 1464 codice civile “una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.
La prestazione, poi, potrebbe non essere divenuta totalmente o parzialmente impossibile, ma, comunque, eccessivamente onerosa per il debitore. In questo caso, l’art. 1467 c.c. prevede che nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve eseguire tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto. Dal canto suo, a fronte di questa richiesta, l’altra parte può evitare la risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
E se, invece, è il CREDITORE della prestazione a non poterla più utilizzare o a non avervi più interesse, a causa della situazione d’emergenza?
La Corte di Cassazione ha chiarito, anche recentemente, che anche l’impossibilità per il creditore di utilizzare la prestazione può essere comunque una causa di estinzione dell’obbligazione: “La risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell’art. 1463 cod. civ., può essere invocata da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile. In particolare, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione.” (Cass. civ. Sez. III, 10/07/2018, n. 18047).
“Non temere i momenti difficili. Il meglio viene da lì” (Rita Levi Montalcini)
IL DEBITORE PUO ESSERE RITENUTO RESPONSABILE PER L’INADEMPIMENTO E TENUTO AL RISARCIMENTO DEI DANNI?
In via generale, l’art.1218 codice civile prevede che «Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».
Il debitore di una prestazione, quindi, se non riesce ad adempiere puntualmente la sua prestazione è tenuto a risarcire il danno alla controparte, salvo che provi di non avere potuto adempiere per una impossibilità a lui non imputabile.
Per la giurisprudenza, la liberazione del debitore da responsabilità è fondata su un duplice presupposto: impossibilità dell’esecuzione; non imputabilità al debitore del fatto che l’ha determinata.
Una delle esimenti da responsabilità tipiche riconosciute in passato, tra l’altro, è stato proprio il caso dei provvedimenti della pubblica autorità, che impedisca l’attività esecutiva (ovviamente provvedimenti non causati dal debitori e non prevedibili).
Nel ricorrere, quindi, di una impossibilità della prestazione che non dipenda da lui, il debitore non può essere ritenuto responsabile dell’inadempimento né tenuto al risarcimento dei danni eventualmente subiti dalla controparte per l’inadempimento.
In particolare: L’ART.91 DL 18 DEL 17 MARZO 2020
Il DL 18 del 17 marzo 2020, c.d.#CuraItalia, è intervenuto, all’art.91, anche introducendo un chiarimento sulle conseguenze dell’inadempimento o dell’adempimento tardivo delle obbligazioni in questo eccezionale periodo di emergenza, rispetto alla previsione generale dell’art.1218 cod.civ. appena citata.
In particolare, l’art.91 DL 18/2020 ha chiarito che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.
Nel caso, dunque, di inadempimento o adempimento tardivo, il Giudice che sia eventualmente chiamato a decidere della eventuale responsabilità del debitore, dovrà tenere conto della necessità di rispettare le misure di contenimento disposte dall’autorità in relazione all’epidemia. Dovrà, insomma, valutare l’inadempimento o il ritardo considerando l’influenza che hanno avuto le misure di contenimento sull’impossibilità o sulla difficoltà del debitore di adempiere.
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